Ivan Tomic: l'autografo nel portafoglio


Anche se sono un amante del calcio in tutte le sue forme, ho una squadra del cuore: una vera passione.

La mia passione si chiama Roma.

Per anni ho avuto l'autografo di un giocatore. Per molti anni. Probabilmente quell'autografo c'è ancora da qualche parte, benché abbia dovuto sopportare il cambio di almeno tre portafogli.

L'autografo di cui parlo appartiene, logicamente, a un giocatore della Roma.

Totti? No, troppo scontato, anche se è un grande.

De Rossi? No, il giocatore in questione non è più nella Roma.

Samuel? No, la persona di cui parlo, ha smesso di giocare.

Montella? No, il giocatore in questione non è italiano.

Batistuta? No, anche se ha giocato nella Roma proprio nel periodo del calciatore in questione.

Non ha vinto lo scudetto. In realtà, questo calciatore all'epoca era in prestito alla Roma per la durata di un anno, proprio nella stagione in cui la squadra ha vinto il terzo titolo.

Va bene, ti dico chi è, perché non l'avresti mai indovinato. Si tratta di Ivan Tomic. Chi? Tomic? Quello stesso Tomic che ha mancato una porta completamente libera contro il Milan? Quello più lento di Helguera? Quello che è venuto alla Roma perché la Lazio ha comprato Stankovic? Sì, lui.

Era il 1998, il mio ultimo anno di liceo. Il presidente della Roma all'epoca era Franco Sensi. Nel febbraio di quell'anno, nella Roma è stato confermato Zeman e si è iniziato a cercare dei giocatori adatti alla sua formazione 4-3-3. Per questa formazione serviva, in particolare, un centrocampista in grado di avviare l'azione e di fare gol.

Il profilo ideale per questo ruolo era quello di Dejan Stankovic, giocatore della Stella Rossa (Crvena Zvezda) di Belgrado. Mezza Europa seguiva Stankovic, tuttavia, sembrava che la favorita per l'acquisto del giocatore serbo, fosse proprio la Roma. Zeman, come scriveva La Repubblica, sognava tre giocatori nel suo centrocampo: Di Francesco, Di Biagio e Stankovic.

Sogno che svanisce quando la Lazio compra Stankovic per 24 miliardi delle vecchie Lire. La Lazio di Cragnotti era dannatamente ricca.

Questo acquisto è stato un duro colpo per la Roma che decide, però, di comprare un centrocampista sempre dalla Serbia: Ivan Tomic, il capitano del Partizan Belgrado. Acquistato per 18 miliardi di Lire con un contratto di cinque anni.

Questa decisione ha diviso la Roma in due fazioni: scettici ed entusiasti. Da un lato c'era chi credeva che Tomic fosse una semplice reazione all'acquisto di Stankovic da parte della Lazio. Dall'altro lato c'era chi non vedeva l'ora di mettere alla prova un giocatore che a soli 21 anni, era già diventato capitano del Partizan.

All'epoca era iniziato il campionato. Io ho cominciato con l'università e Tomic non giocava quasi mai. Il centrocampo era sempre formato da Tommasi, Di Biagio e Di Francesco. Per Tomic di posto ce n'era solo in panchina. Non so perché, ma avevo una grande fiducia in lui. Io facevo parte della fazione degli ottimisti al momento del suo acquisto: infatti, lo mettevo sempre nella formazione titolare all'interno dei miei schemi che realizzavo mentre seguivo le lezioni all'università. Tomic ben presto è diventato il mio eroe.

Una mattina, non avendo lezioni, ho deciso di andare con il mio amico Giovanni a caccia di autografi a Trigoria, centro sportivo dove la Roma effettua gli allenamenti. Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri: un grande SUV esce: alla guida Eusebio di Francesco. Si ferma immediatamente e abbassa il finestrino. Si forma un'enorme folla di persone per un suo autografo. Nel posto accanto ad Eusebio è seduto un tipo biondo con i capelli rasati, gli occhi azzurri e un espressione triste sul viso: era Ivan Tomic.

Io ero l'unico lì per lui. Sono andato a bussare al suo finestrino. Stupito, abbassa il finestrino e nel suo volto compare un sorriso nel momento in cui gli chiedo l'autografo. Il famoso autografo del portafogli.

I numeri


Nove sono le partite di Tomic per la Roma nella stagione 1998-99 con Zeman. L'anno dopo, con l'arrivo di Capello, ha giocato solo una partita.

Quando la Roma ha vinto lo scudetto, Ivan si è trasferito in prestito all'Alaves (club spagnolo). In Spagna, Tomic ha ottenuto grandi soddisfazioni: addirittura un finale di coppa UEFA persa ai supplementari. Ha segnato un goal che ha eliminato l'Inter.

Tornato in Italia, ha giocato per altri due anni nella Roma: in totale tre partite nella Serie A e alcune in Champions League.

Tomic viene ricordato come un fallimento da parte di molti tifosi e giornalisti. Da sempre l'ho ammirato, ho amato il suo stile di gioco, ho apprezzato la sua qualità, la sua visione tattica e il fatto che non si fosse mai lamentato di stare in pachina o in tribuna.

Nella stagione 2002/03 Tomic lascia la Roma: torna nell'Alaves, poi il Rajo Vallecano, dopodiché altri tre anni nel Partizan Belgrado. A 31 anni smette di giocare. Dopo aver conquistato sul campo, tre vittorie nel campionato jugoslavo, uno in Serbia e Montenegro, due coppe jugoslave e ha giocato una finale di coppa UEFA. Non male per un giocatore di basso livello, come è stato definito.

Al termine della sua carriera di calciatore è passato a direttore sportivo del Partizan.


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L’intervista

Dopo anni ho avuto l’occasione di parlargli e di farmi spiegare Tomic da Tomic. Cavoli, ci voleva che mi mettessi a scrivere un libro di calcio per avere l’occasione di sentire al telefono uno de giocatori che più ho stimato!
Driiiin (il telefono, anche a Belgrado, fa lo stesso suono. Soprattutto su una pagina scritta…)
E (Emanuele, NdR): Ciao Ivan, sono Emanuele Giulianelli
I (Ivan, NdR): Ah ciao, come va?
(risparmio i convenevoli… comunque Ivan era già al corrente della mia chiamata e del motivo per il quale lo contattavo. Ci ha messo in contatto un procuratore serbo, Milos Andijelkovic, che non finirò mai di ringraziare!)
E: Come hai iniziato la tua carriera?
I: Ho iniziato a giocare a otto anni a Radnicki fino a 17 anni e mezzo, poi sono arrivato alla prima squadra del Partizan. I miei obiettivi principali erano diventare capitano del Partizan, giocare in nazionale e vincere il derby contro la Stella Rossa. Già da giovane li ho realizzati.
E: Parliamo della Roma. Come arrivi in giallorosso? Quali altre squadre ti seguivano?
I: Avevo offerte importanti dal Siviglia, dall’Olympique Marsiglia e da altre grandi squadre. Poi accettammo la Roma.
Roma non è una piazza facile, non ero preparato a quello che mi aspettava. Mi sento un po’ in colpa con la società e i tifosi: sono stato pagato tanto, ma ho dato poco.
A ventidue anni non sei preparato per un’esperienza del genere e il calcio serbo non era di livello. In quel momento non ero pronto per il calcio italiano.
Ma l’esperienza alla è stata bellissima e torno spesso a Roma!
E: Parlami del rapporto con Zeman e con Capello.
I: Con Zeman il rapporto è stato bellissimo. Addirittura quando anni dopo è arrivato alla Stella Rossa ha chiamato me che ero ds al Partizan per chiedere consigli. Con lui giocavo centrocampista esterno destro o davanti alla difesa.
La partita più bella che ho giocato in quella Roma è stata senza dubbio il derby con la Lazio nel quale abbiamo rimontato dal 1-3 al 3-3. Invece un ricordo brutto è la partita con il Milan, quel palo che è stato un quasi gol.
Con Capello ci sono stati alti e bassi. Abbiamo avuto un po’ di discussioni ma ce ne siamo andati da amici. Lui mi rivolle alla Roma dopo il prestito, anche se l’Alavés mi aveva proposto un contratto di quattro anni.
E: L’esperienza all’Alavés e le soddisfazioni di quel periodo.
I: L’esperienza all’Alavés è stata positiva e interessante, ho capito subito cosa volevano da me forte dell’esperienza italiana e quindi stavo molto meglio. Ricordo in particolare le partite in Coppa Uefa contro l’Inter e il Kaiserslautern. Lì giocavamo il 4-2-3-1 e io ero uno dei due mediani; davanti la punta era Javi Moreno, ex Milan. A Natale eravamo secondi nella Liga, poi la cavalcata in Coppa Uefa ci ha tolto molte energie.
La partita più interessante è stata la finale di Uefa contro il Liverpool. Dopo 15’ il risultato era già sul 2-0 per il Liverpool, il nostro allenatore al 25’ mette dentro una punta e arriviamo sul 3-1. A quel punto inserisce un altro attaccante e al 75’ agguantiamo il 3-3.
Esce Javi Moreno e prendiamo il 4-3. Raggiungiamo il 4-4 e si arriva ai supplementari, nei quali il Liverpool segna al 120’ da azione di fallo laterale, con noi in due uomini in meno, su autorete del nostro Delfi Geli.
E: Quali compagni ricordi della Roma?
I: Di Francesco, Candela e Montella. Con Totti ricordo le partite a carte e a biliardo.
E: E con la Nazionale?
I: Ho giocato in nazionale nei periodi al Partizan e all’Alavés. Quando ho giocato con la Roma non mi chiamavano, giustamente!
In particolare mi viene in mente la partita con la Russia terminata 1-1 con gol di Mijatovic.
E. E siamo alla fine della carriera. Come arrivi a decidere di smettere così giovane, a trentuno anni?
I: L’ultimo anno al Partizan raggiungiamo gli ottavi di finale in Coppa Uefa e vinciamo lo scudetto senza perdere una partita! Ma il tempo passava, vedevo un sacco di giovani intorno a me e a 31 anni non volevo giocare al posto loro. Avevo pochi stimoli, perché ormai avevo fatto la mia carriera fuori, in Europa. Sinceramente, ricominciare da capo non mi andava. Casomai, avrei voluto giocare solo i derby con la Stella Rossa, ma non era possibile.

Così Ivan lasciò il calcio giocato.
Recentemente mi ha colpito molto leggere un’intervista a De Rossi nella quale ha dichiarato che la sua fortuna è stata giocare nello stesso anno con tre persone eccezionali, Guardiola, Tommasi e Tomic. Sì, proprio lui.
Stavo per lasciare Ivan, ma non potevo attaccare la cornetta senza parlare di…
E: Ivan, volevo dirti che io avevo il tuo autografo sempre con me nel portafogli!
I: Allora hai scelto il giocatore sbagliato.
Risata di Ivan.
Ti apprezzo ancora di più.
Grazie.

Intervista a cura di Emanuele Giulianelli ( Articolo originale ).

Puoi trovare Emanuele Giulianelli su Twitter o i suoi articoli sul sito La bottega del calciofilo.

Traduzione a cura di Larisa Smajlagic.

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